«Apollo e Dafne» di Gian Lorenzo Bernini alla Galleria Borghese di Roma

Gian Lorenzo Bernini «Apollo e Dafne»

Marmo di Carrara (243 x 115 cm) 1625

Apollo e Dafne Questa scultura di Gian Lorenzo Bernini raffigura Apollo che insegue Dafne secondo le Metamorfosi di Ovidio (I, 452).

Apollo aveva preso in giro Cupido dicendogli che il suo arco era quello di un bambino, mentre il suo era quello di un uomo.

Offeso, il piccolo Cupido decide di vendicarsi scagliando due frecce contemporaneamente, una che fa nascere l'amore e l'altra che ha l'effetto di rifiutarlo.

Apollo viene colpito dalla freccia dell'amore nascente, mentre la ninfa Dafne riceve quella che rifiuta l'amore.

Ancor prima di ricevere questa freccia, Dafne non desiderava né l'amore né il matrimonio, poiché aveva dichiarato a Peneo:

«Permettimi, padre amato, di godere eternamente della mia verginità.»

Apollo e Dafne Da qui il dramma passionale di un Apollo perdutamente innamorato di fronte alla bella Dafne che lo fugge.

La chiama, la supplica, le dice chi è, le dichiara le sue buone intenzioni, ma non serve a nulla, lei continua a fuggire:

« I venti svelavano la sua nudità, il loro soffio, che le arrivava in senso contrario, agitava le sue vesti e la leggera brezza le respingeva indietro i capelli sollevati; la sua fuga esaltava ancora di più la sua bellezza.

[…] Il dio e la vergine sono trasportati l'uno dalla speranza e l'altra dalla paura.

L'inseguitore, spinto dalle ali dell'Amore, è più veloce e non ha bisogno di riposo; già si china sulle spalle di Dafne, sfiorando con il respiro i capelli sparsi sul suo collo.

Lei, allo stremo delle forze, è impallidita; spezzata dalla fatica di una fuga così rapida, lo sguardo rivolto verso le acque del Peneo:

Apollo e Dafne “Vieni, mio padre, disse lei, vieni in mio soccorso, se i fiumi come te hanno un potere divino, liberami con una metamorfosi da questa bellezza troppo seducente.”

Appena terminò la sua preghiera, una pesante torpore si impadronì delle sue membra; una sottile corteccia circondò il suo seno delicato; i suoi capelli, che si allungano, si trasformano in fogliame; le sue braccia, in rami, i suoi piedi, fino a poco prima così agili, aderiscono al suolo con radici incapaci di muoversi; la cima di un albero le incorona il capo; del suo fascino non resta che lo splendore.

Apollo tuttavia la ama ancora; con la mano posata sul tronco, sente ancora il cuore palpitare sotto la nuova corteccia; abbracciando con le braccia i rami che sostituiscono gli arti della ninfa, ricopre il legno con i suoi baci; ma il legno respinge i suoi baci.

Allora il dio: «Ebbene, disse, poiché non puoi essere mia moglie, almeno sarai il mio albero; per sempre adornerai, o alloro, i miei capelli, le mie cetre, le mie faretre.»
Metamorfosi di Ovidio, Libro I, 540, traduzione di Georges Lafaye. Folio Classique.

Apollo e Dafne Bernini ha colto proprio l'istante in cui Dafne inizia a trasformarsi in un albero di alloro, la corteccia comincia a ricoprirla, i suoi piedi mettono radici e dalle sue dita spuntano rami, mentre Apollo le posa una mano addosso e sente ancora battere il cuore della giovane ninfa dal volto terrorizzato.

Questa splendida scultura è perfettamente equilibrata, leggera e piena di movimento, piena di vita, il marmo vibra, si vede e si sente il vento, si assiste alla trasformazione sotto gli occhi increduli di Apollo.

Bernini mostra qui tutto il suo talento, eppure si tratta di un'opera giovanile.

Le pieghe della tunica di Apollo o del vestito di Dafne sono impressionanti per la loro verosimiglianza.

La morbidezza delle carni che palpitano quasi davanti a noi, così come la trasparenza delle foglie e il volo dei capelli, sono tutti elementi che dimostrano la totale padronanza del marmo da parte di Gian Lorenzo Bernini.

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