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Giotto «Trittico Stefaneschi» Pinacoteca dei Musei Vaticani a Roma
Giotto di Bondone «Trittico Stefaneschi»
Tempera su tavola (223 x 255 cm) 1320
Giotto, retro del Trittico Stefaneschi Il «Trittico Stefaneschi» di Giotto di Bondone (1267-1337), che si può ammirare nella Pinacoteca dei Musei Vaticani, si trovava nell'altare maggiore della prima Basilica di San Pietro, quella di Costantino, dove conservò questo posto d'onore fino alla ricostruzione della Basilica iniziata nel 1450.
Il nome del trittico è legato al cardinale Jacopo Caetani Stefaneschi, protettore di Giotto, che gli commissionò la maggior parte delle sue opere ed era considerato uno dei più importanti mecenati dell'arte dell'inizio del XIV secolo.
In qualità di donatore, Stefaneschi è raffigurato da Giotto su entrambi i lati dei pannelli centrali del trittico: sul verso è inginocchiato e vestito in modo umile ai piedi di Cristo in trono, mentre sul recto appare vestito con i suoi abiti cardinalizi ai piedi di San Pietro mentre gli offre il trittico di Giotto.
I due lati del Trittico Stefaneschi di Giotto

Giotto, recto del Trittico Stefaneschi Questo retablo è dipinto su entrambi i lati, poiché la sua funzione era doppia.
Da un lato era rivolto verso il Papa quando questi assisteva alle celebrazioni, seduto sul suo trono dietro l'altare come era consuetudine.
Il recto lato Papa mostra San Pietro in trono, con due santi raffigurati in ciascuno dei pannelli che circondano il pannello centrale.
Il retro del trittico di Giotto, quello rivolto verso i fedeli, raffigura il «Cristo benedicente» con la sua sinistra la «Crocifissione di San Pietro» e alla sua destra la «Decapitazione di San Paolo».
Giotto, il padre dell'arte rinascimentale

Il cardinale Stefaneschi Giotto fu uno dei precursori del Rinascimento, essendo stato il primo a emanciparsi dal conformismo e dalle convenzioni degli stili greco e italo-bizantino.
Giotto ha così segnato l'inizio di una nuova era nella storia della pittura.
Introducendo profondità nei suoi dipinti, Giotto pose fine alla rappresentazione tradizionale dei santi e dei personaggi in due dimensioni.
Questa evoluzione pittorica appare chiaramente in questo trittico con la rappresentazione dei pavimenti e dei gradini dei troni che creano una prospettiva e danno profondità alle diverse scene della pala d'altare.
Con lo stesso intento, Giotto integra elementi paesaggistici, alberi e montagne, nonché elementi architettonici che accentuano questo effetto di profondità.
L'altra grande rivoluzione introdotta da Giotto consisteva nell'umanizzare i personaggi curando in modo particolare i loro volti che, da immobili nella tradizione pittorica bizantina, diventavano vivi ed espressivi mostrando le loro emozioni.

Cristo in trono benedicente Il suo Cristo non è più la rappresentazione convenzionale di un'idea, ma è diventato l'incarnazione di un fatto storico.
I suoi angeli non corrispondono più alle rappresentazioni tradizionali e preconcette, ma sono l'immagine di una concezione razionale di un'umanità glorificata.
La sua Vergine non è più quell'essere soprannaturale che si trova nell'arte bizantina e latina, ma è una madre ben umana con il suo bambino divino.
Anche i santi di Giotto rompono con le rappresentazioni formali dei tempi antichi e diventano esseri viventi come tutti noi.

I colori di Giotto Infine, Giotto introduce un'altra grande rivoluzione pittorica: quella del colore.
Nell'arte bizantina, ogni colore possedeva un proprio valore simbolico.
Giotto decise di liberarsi da questo vincolo per utilizzare il colore non più su un piano simbolico, ma su un piano spaziale e volumetrico.
Giotto decise di liberarsi da questo vincolo per utilizzare il colore non più a livello simbolico, ma a livello spaziale e volumetrico per accentuare gli effetti di prospettiva.
È particolarmente vero nel caso del trittico Stefaneschi, dove la vivacità dei toni e l'allegria che deriva dalla loro combinazione illuminano le diverse scene dei pannelli della pala d'altare, come se il pittore fosse felice di poterci rivelare la sua scoperta.
Con queste tre innovazioni pittoriche fondamentali, prospettiva, umanizzazione e colore, Giotto creò le premesse della pittura rinascimentale.
Giotto dans le «Décaméron» de Boccace

dettaglio di San Pietro Lo scrittore fiorentino Boccaccio (1313-1375) fece così l'elogio di Giotto dans son «Decameron»:
«Giotto era un vero genio.
Non c'era nulla in natura, madre di tutte le cose, che Giotto, disegnando e dipingendo, non sapesse riprodurre con tale fedeltà da renderla non solo simile all'originale, ma addirittura confondibile con esso.
Giotto riportò l'arte alla luce, un'arte che per secoli era rimasta sepolta sotto gli errori di coloro che, dipingendo, pensavano più a soddisfare gli occhi degli ignoranti che a soddisfare l'intelligenza dei saggi.
Si può dire che Giotto fu uno dei luminari della gloria fiorentina.
Un uomo altrettanto ammirevole che, nonostante la sua fama, seppe sempre rimanere umile rifiutando di essere chiamato maestro, lui che era il maestro di tutti gli altri.»
Boccace, «Decameron» VIe Giornata, Novella V (1353)
La «Crocifissione di San Pietro» o il «Martirio di San Pietro» di Giotto

Crocifissione di San Pietro Questo pannello del trittico Stefaneschi ci mostra san Pietro crocifisso a testa in giù in un atteggiamento di fermezza di fronte alla morte: il suo volto non mostra dolore.
Si nota anche che Giotto non commette alcun errore di proporzione nel mostrare il corpo nudo di San Pietro e l'effetto della gravità su questo corpo sospeso.
Una donna abbraccia la croce mentre altre piangono intorno al santo o accompagnano la sua anima verso il Signore, come la donna che indossa un mantello Verde con le braccia aperte e i capelli sciolti.
Il dolore e l'orrore sono rappresentati anche nell'atteggiamento del bambino che Giotto raffigura rovesciato all'indietro.
San Pietro è crocifisso tra una piramide e una torre, due monumenti che indicano il luogo del supplizio.
A tal fine, utilizza la folla ai piedi di San Pietro creando una curva in cui appoggia i personaggi a cavallo sulla piramide e sulla torre, consentendo a questi stessi cavalieri di trasmettere una stabilità visiva a questi elementi architettonici.

Crocifissione di San Pietro San Pietro fu infatti martirizzato nel circo di Nerone, che si trovava proprio accanto all'attuale sede della Basilica di San Pietro in Vaticano.
In questo circo di Nerone, durante le corse dei carri, questi giravano ad ogni estremità della pista intorno alla piramide da un lato e alla torre dall'altro.
Questi due elementi architettonici ripresi qui sono particolarmente ben trattati e aggiungono all'effetto di prospettiva ricercato da Giotto.
Giotto riesce anche a gestire l'effetto di schiacciamento che avrebbe potuto essere generato dalla doppia linea orizzontale creata dal suolo e dalla barra della croce.

Crocifissione di San Pietro Per completare l'effetto della curva, Giotto mette volutamente in scena personaggi di diverse dimensioni, un elemento ulteriormente accentuato dalla presenza del bambino, messo in risalto dal colore arancione della sua tunica.
Da notare anche l'uso che Giotto fa dei colori per accentuare la sua curva attraverso le diverse tonalità degli abiti dei personaggi: rosa, rosso, verde e l'uso dell'arancione nel bordo inferiore delle tuniche dei due soldati che incorniciano la scena, un colore che ripete per i loro stivali.
Questo trattamento dei colori e delle forme permette a Giotto di dare armonia a questa folla, diversificandola e strutturandola al tempo stesso.

Crocifissione e il Cristo Due angeli, con le ali spiegate e le vesti svolazzanti, volano rapidamente verso San Pietro, uno con un libro aperto e l'altro con le mani giunte.
Più in alto, si vede l'anima di San Pietro che ascende, portata in cielo da sei angeli.
Infine, nella parte superiore del pannello, vediamo Abramo che alza la spada, pronto a compiere il sacrificio di suo figlio Isacco.
L'arte della composizione e il sentimento patetico espresso in questo pannello rivelano il genio di Giotto e dimostrano la sua superiorità rispetto alla sua epoca.
Si tratta infatti di una vera e propria difficoltà da superare per un pittore dell'epoca: quali sono le possibilità artistiche nella rappresentazione di un uomo crocifisso a testa in giù?
Giotto supera questa difficoltà trasmettendo l'ispirazione spirituale della scena, comunicando attraverso quest'opera le virtù della pazienza, dell'umiltà e della sofferenza.
La «Decapitazione di San Paolo» o «Martirio di San Paolo» di Giotto

Decapitazione San Paolo Nella progettazione del retro del suo trittico, Giotto dovette affrontare un'altra difficoltà.
Come creare una composizione sufficientemente potente della decapitazione di San Paolo e allo stesso tempo essere in grado di unificarla ed equilibrarla in modo armonioso con la «Crocifissione di San Pietro» e mantenere allo stesso tempo un contrasto sufficiente rispetto al soggetto centrale del «Cristo in trono».
A tal fine, Giotto utilizza lo sfondo dorato della scena che si ripete allo stesso livello e nelle stesse proporzioni in entrambi i pannelli, con i due sfondi dorati che si richiamano a vicenda.
Allo stesso modo, la curva creata dalla folla dei personaggi della «Crocifissione» si ripetono nella «Decapitazione» con l'introduzione di un paesaggio montuoso.
Per accentuare l'effetto visivo della curva nella “Decapitazione”, Giotto fa eco alla piramide e alla torre della «Crocifissione» integrando a sinistra una donna che riceve un velo lanciato dall'apostolo durante la sua ascesa e, a destra, un'altra torre che rappresenta la prigione di San Paolo.

Plautilla che riceve il velo da San Paolo Questa donna fa riferimento alla misericordia di Plautilla, una nobile romana che aveva prestato il suo velo a San Paolo per bendargli gli occhi durante la sua esecuzione, e il santo aveva promesso di restituirglielo dopo la sua morte.
Per poter introdurre questo evento miracoloso nel suo dipinto, Giotto dovette quindi presentare la decapitazione di San Paolo come già avvenuta, poiché il miracolo poteva avvenire solo dopo di essa.
Si nota anche che Giotto si è rifiutato di mostrare tutto l'orrore di questa decapitazione.
Certo, non si può sfuggire al sangue che scorre dal corpo dell'apostolo, ma la testa di San Paolo che è rotolata a terra è raffigurata in modo soprannaturale, con il volto rivolto verso il cielo e circondato da un'aureola d'oro, giace dove, secondo la leggenda, sgorgarono tre fonti; ciò attenua in parte la mostruosità della scena.

Decapitazione di San Paolo Si percepisce persino una forma di tenerezza rispetto alla «Crocifissione di San Pietro» con la presenza di queste tre donne chinate sul corpo del santo, una compassione che si legge anche sul volto pensieroso dell'uomo che si trova dietro la donna inginocchiata.
Dietro di loro, un gruppo di soldati a cavallo e a piedi armati di lance, mentre in primo piano il boia, indifferente, rinfodera la sua spada insanguinata, lavoro compiuto!
La parte destra del quadro è occupata da un altro gruppo di soldati a cavallo, tra cui un cavallo bianco e altri due cavalli che guardano altrove, distratti e ignari dell'orribile atto che si è consumato davanti ai loro occhi.
Il corpo di San Paolo viene raccolto, inginocchiato con le mani giunte in preghiera.
La discesa piuttosto rapida degli angeli sopra il paesaggio contrasta con la serenità degli altri sei che, nella cuspide, salgono al cielo portando con sé San Paolo.
Giotto, trittico Stefaneschi, il «Cristo benedicente» o «Cristo in maestà»

Cristo benedicente Il pannello del «Cristo benedicente» si trova al centro del retro del trittico Stefaneschi, quello che si trova di fronte ai fedeli.
Cristo e gli angeli hanno un atteggiamento e volti espressivi che contrastano con lo stile latino-bizantino ancora in vigore all'epoca.
La tradizione bizantina è comunque ben integrata nella scena, ma Giotto riesce a umanizzarla in modo magistrale.
Un grande Cristo in trono vestito di blu è circondato da una doppia fila di angeli, mentre in basso a sinistra si intravede il committente del dipinto, il cardinale Stefaneschi, vestito in modo semplice, inginocchiato in atteggiamento di umiltà, pronto a baciargli il piede.
Cristo benedice con una mano mentre con l'altra tiene il libro delle Sacre Scritture appoggiato sul ginocchio.
Questo pannello del trittico di Giotto è particolarmente messo in risalto dalla sua posizione centrale, essenziale dato il soggetto, il colore blu scuro della tunica di Cristo ma anche grazie ai due pannelli delle scene della «crocifissione» e della «decapitazione» che lo incorniciano.
Il recto del Trittico Stefaneschi di Giotto: «San Pietro in trono e quattro santi»

San Pietro in trono Il recto del trittico non era visibile ai fedeli, ma solo al Papa e ai prelati che lo circondavano durante la celebrazione della messa nella Basilica di San Pietro.
Il pannello centrale raffigura «San Pietro benedicente» su un trono, una raffigurazione collocata proprio dietro quella di «Cristo benedicente e che si rivolge ovviamente ai successori del costruttore della Chiesa di Cristo.
San Pietro è raffigurato in abito pontificio con le chiavi nella mano sinistra mentre benedice con la destra.
San Pietro è circondato da due angeli e da due santi apostoli in ciascuno dei pannelli laterali: san Giacomo e san Paolo in quello di sinistra, san Andrea e san Giovanni in quello di destra.
Si noti che i santi dei pannelli laterali e San Pietro hanno le stesse dimensioni, mentre i santi ai suoi piedi sono di dimensioni ridotte, in particolare il cardinale Stefaneschi, presentato a San Pietro da San Giorgio.

San Pietro in trono La gerarchia è rispettata!
Il committente del trittico è in ginocchio, questa volta in abito cerimoniale, e offre al padre della Chiesa la pala d'altare di Giotto su cui è raffigurata la scena del recto che abbiamo davanti agli occhi.
Questo recto del trittico di Giotto è assolutamente magnifico, vi si ritrova tutto il genio del pittore: armonia, potenza del disegno e dei colori.
La fermezza di San Pietro si vede sul suo volto impassibile che esprime tutta la sua concentrazione religiosa.
Le predelle del «Trittico Stefaneschi» di Giotto

Vergine Maria, Bambino tra gli angeli Tre predelle sono presenti sotto i pannelli sul retro della pala d'altare.
Raffigurano la Vergine Maria e Gesù Bambino in trono, circondati da due angeli e dai dodici apostoli.
Giotto ha raffigurato la Vergine proprio sotto il Cristo benedicente del pannello superiore.
La sua veste blu scuro fa eco al colore della tunica di Cristo e permette di collegare Gesù a sua madre.

Apostoli predella sotto la Decollazione Il Bambino Gesù, proprio come la Vergine Maria, sono stati umanizzati da Giotto e rompono con le rappresentazioni abituali dell'arte latino-bizantina.
Il modo in cui tiene Gesù è quello di una madre, anche se Giotto le ha conservato la dignità del suo rango.
La stessa umanità si ritrova nel Bambino Gesù che si succhia le dita e il cui volto non è più quello delle raffigurazioni tradizionali in cui Gesù è un bambino soprannaturale che possiede già un volto da adulto.

San Pietro, Santo Stefano e San Bartolomeo Da notare anche l'umanità degli angeli che circondano il trono e dondolano dolcemente i loro incensieri tenendo gli occhi teneramente fissi sul Bambino Gesù.
La predella del recto della pala d'altare Stefaneschi di Giotto
Sul recto della pala d'altare, dal lato del Papa, è ancora presente una sola predella, mentre le altre due sono state probabilmente perse o distrutte dopo la ricostruzione della Basilica di San Pietro.Presenta i busti di San Pietro, Santo Stefano e San Bartolomeo.
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